Italiani all’estero

di Ivan Scalfarotto (su l’Unità)

Come se già non bastassero i fusi orari, la nostalgia di casa e la consapevolezza di quanto sarà difficile tornarci, noi poveri italiani all’estero siamo stati in questi anni di seconda repubblica anche tormentati dal nostro ruolo di ambasciatori del nostro paese part-time, ruolo ricoperto a titolo gratuito, si capisce, e senza gli appannaggi tipici della carriera diplomatica. E già, perché uno ci mette sempre un po’ a capire che l’esilio sovente rappresenta l’unica alternativa al nepotismo, all’assenza di meritocrazia, al precariato cronico, al corporativismo e alla gerontocrazia imperanti nel belpaese e non è certo una scelta facile quella di fare le valigie e ricominciare da un’altra parte. Ma alla fine si va, sperando che il dolore e la rabbia che accompagnano l’esilio rappresentino almeno la catarsi che emenda delle magagne nazionali. E invece no: ogni tentativo di diventare parte di un nuovo paesaggio si è infranto negli ultimi anni sulle prodezze verbali dell’ineffabile destra italiana e del suo eroe eponimo, Silvio Berlusconi.

Che si trattasse della giornata del kapò, di quella delle corna o, finalmente, dell’abbronzatura di Obama, alzi la mano chi tra di noi italiani all’estero non si sia trovato ad affrontare il dito puntato di un collega o di un vicino: “Italian? Ah! Berlusconi!”. Eh già perche si fa in fretta ora a prendersela con Carla Bruni, ma la verità è che ogni qual volta il nostro presidente del consiglio dà in escandescenza, mentre voi in Italia avete la possibilita di indignarvi e sottrarvi alla vostra quota parte di responsabilità manifestando il vostro dissenso, qui all’estero invece nessuno di noi puo sfuggire. Sei italiano? Beh, allora spiegaci come funziona: come avete fatto a scegliervelo, perche non lo defenestrate, ma non vi vergognate almeno un po’. E hai voglia a spiegare che non c’eri, che hai orgogliosamente votato per il PD, che tua nonna era una staffetta della Brigata Garibaldi, ma niente. Il marchio d’infamia resta li, indelebile sulla tua reputazione. Una marcia in salita per smentire l’aspettativa che ogni italiano sia in fondo un pochino Berlusconi: la battuta pronta, la mano morta e l’occhio bovino. Io non credo che la signora Bruni-Sarkozy abbia pensato per davvero le cose che ha detto: tagliare le proprie radici fa male e nessuno lo sa meglio di chi l’ha già quasi fatto. Ma basterebbe solo cambiare un po’ le parole per ottenere un pensiero che tutti quanti noi “italieni” abbiamo fatto in questi giorni. Davanti alle prime pagine dei giornali e alle domande di chi ci vive intorno non avremo pensato forse di dimetterci da italiani, ma tutti siamo stati silenziosamente d’accordo nel pensare che l’Italia che rappresentiamo non ha veramente nulla a che fare con quella roba lì.

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