Ci stavo pensando anch’io, ieri, guardando le facce e i leader di questa vittoria. Sembra la Milano di 40 anni fa, ed e’ proprio quello che cerco di far capire ai miei figli, che a Milano non hanno neanche vissuto e che mi guardano stralunati (come tutti i figli del mondo) quando gli dico “noi eravamo diversi”. Ma Sofri l’ha detto meglio, e prima, come al solito.
Da Wittgenstein, 31 maggio 2011
Il primo brivido che ho avuto è stato quando Gad Lerner dal palchetto della Feltrinelli di piazza Piemonte dove era stata organizzata una serie di interventi a favore di Pisapia, la settimana scorsa, ha aggiunto al suo discorso un riferimento allo “spirito della Statale” che questa campagna aveva ritrovato, ammiccando a “noi coi capelli bianchi”. Non mi ci sono ritrovato, non era per quella cosa lì che ero andato, non era quella cosa che volevo vincesse, ma ho pensato che ognuno ne ha una diversa e quello che conta è rispettare le altre e metterle tutte assieme.
Poi quello stesso giorno e i successivi – e ce n’erano state evidenti tracce già prima – quell’impressione è tornata: che prevalessero, nella benemerita campagna di Pisapia, una generazione e un milieu culturale-antropologico che a Milano esiste da moltissimo tempo e che già molte altre battaglie ha condotto. È vero che nello staff di Pisapia ci sono molti giovani ed è vero che hanno fatto gran parte del lavoro. Ed è vero che c’erano tantissimi giovani in piazza del Duomo, ieri. Ma l’impressione che i protagonisti non siano stati loro (ma nemmeno “noi”, se voglio parlare per la mia generazione di mezzo) è fortissima: sul palco c’erano Eugenio Finardi, gli Stormy Six, Lella Costa. La celebrazione televisiva è stata ospitata da Gad, ieri sera, con Roberto Vecchioni che cantava “Luci a San Siro”. Nelle prime file degli altri eventi, ospiti protagonisti chiamati per primi a parlare, c’erano Umberto Eco, Dario Fo e Franca Rame, Gae Aulenti, Vittorio Gregotti. Potrei fare mille esempi, ma soprattutto chi vive a Milano sa di cosa parlo.
Non voglio essere frainteso, nemmeno per un secondo: io credo che abbiano vinto loro, meritatamente. Credo che – a cominciare da Pisapia – sia stata una vittoria di sessantenni, e poi di settantenni (o oltre). È stata la vittoria del cambiamento politico, non di quello generazionale, non del “rinnovamento”. L’arrivo di una lunghissima battaglia condotta per anni da queste persone contro dei vecchi nemici, e alla fine l’hanno vinta: e sarà un bene per tutti. Ma vuol dire qualcosa che a vincerla non siano state generazioni nuove o seminuove, facce altre di leader milanesi, riferimenti culturali nati meno di trent’anni fa: vuol dire che non sono (non siamo) stati capaci. Un motivo in più di rispetto per chi ci è riuscito anche in nome nostro, col nostro aiuto – ognuno per il suo pezzetto – dietro le quinte. Per la Milano di domani però ci sarà bisogno di qualcosa di più.
Luca Sofri