Caro Dino ti scrivo: perché il basket in fondo è cuore, non statistiche

dal Sole24Ore, 17 gennaio 2019:

Ricevo e pubblico volentieri, firmata da chi di basket se ne intende davvero, una lettera per Dino Meneghin. Semplicemente il miglior cestista italiano di sempre e uno dei più grandi a livello mondiale nella storia di questo meraviglioso sport.

Caro Dino,
dopo tanti anni di silenzio ho deciso di scriverti in occasione del tuo compleanno. Per la precisione dopo 69 anni, non proprio pochissimi, che sono certo vivrai come hai sempre fatto: con il cuore e lo spirito di un ragazzino. Ti ho visto nascere, anche se tu non potevi saperlo, in un piccolo paesino in provincia di Belluno: Alano di Piave, frazione di Fener, che fino ad allora era persino difficile rintracciare su una carta geografica.

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La bufala della sicurezza a Milano

(Piero Colaprico, da Repubblica, qui)

“Milano trema”. Ma dove ballavano i ben oliati kalashnikov, con le loro raffiche, e persino i bazooka della ‘ndrangheta, adesso lampeggiano i coltelli a buon mercato. Chi conosce i poliziotti e i carabinieri di strada sa che anche la loro paura nel tempo è radicalmente cambiata. Quando negli anni Ottanta inseguivano qualcuno, lungo le strade buie delle periferie di Milano, il pensiero comune era: “E se questo è armato?”. Oggi si domandano un’altra cosa: “E se fosse malato?”. Si è passati dai placcaggi in stile rugby alle perquisizioni con i guanti da chirurgo. Allora, ai tempi di criminali stra-conosciuti, come Francis Turatello, Renato Vallanzasca e Rossano Cochis; Epaminonda detto il Tebano con i suoi killer chiamati “gli indiani” per la ferocia dei delitti; ai tempi delle rapine dei terroristi rossi e neri, i morti ammazzati si contavano letteralmente a centinaia, ma Milano – lo ricorderà chi c’era – reggeva l’urto e, se era il caso, si mobilitava. Adesso, che si registrano tra i dieci e i venti omicidi l’anno, invoca l’esercito e si barrica in casa: “Milano trema” nonostante vittime e carnefici siano quasi sempre non i cittadini comuni, ma i senzacasa, i disperati, gli immigrati all’arrembaggio, quelli che hanno organizzato, al massimo, traffici da poche migliaia di euro. Continue reading “La bufala della sicurezza a Milano”

Rist Attack: pagare con i presoldi

Procuratevi un computer, dei fogli di carta bianca, un paio di forbici e una stampante a colori. Fatto? Bene.

Quando, a fine pasto, il cameriere vi consegna il foglietto con l’importo da pagare, analizzatelo nel dettaglio. È assai probabile che non sia affatto ciò che sembra.  Se va di lusso, potrete scorgerere un blando avvertimento:  “preconto”, “non fiscale”, “non valido ai fini fiscali”. Ma non è infrequente la consegna di un biglietto più ambiguo e sibillino.

Per avere la certezza che si tratta di un documento fiscale e non della solita carta straccia messa lì per aggirare il Fisco, verificate che non manchino:  l’intestazione della società (con nome, indirizzo, partita Iva) e il numero progressivo del registro di carico delle ricevute.

Fatto?

Non è un conto? Non c’è problema. A casa, sui fogli bianchi, avrete stampato e ritagliato col vostro paio di forbici svariate copie della banconota della foto qui sopra. Infilatene un po’ nella busta del conto e rifiutatevi di tirar fuori i quattrini veri, finché l’oste non avrà fatto altrettanto con la ricevuta fiscale.

In caso di resistenza, chiudetegli la bocca con uno strato sottile di colla vinilica.

Fatto?

Da uno spassoso articoletto di Valerio Visintin sul Corriere della Sera:
Rist Attack: pagare con i presoldi.

Semafori a Milano

Una nota di Marco Biraghi da Doppiozero sui semafori di Milano.

“Il ritorno in città è sempre un po’ triste. Lasciati alle spalle i luoghi di vacanza, si torna a immergersi nella adusata quotidianità. Ma prima ancora di giungere a destinazione, da qualunque parte si arrivi e con qualunque mezzo ci si muova, capita di riaccostarsi ai luoghi noti, di ripercorrere strade familiari e di riattraversare piazze e incroci ben conosciuti. Lo si fa spesso con un misto di curiosità e di fastidio: in parte con un senso di rimpianto per la condizione “festiva” che ci si è ormai lasciati alle spalle, e in parte con un senso di riscoperta di ciò che ci è noto, che in una certa misura ci “appartiene”, ripassato però attraverso quello sguardo “nuovo” che la conoscenza di luoghi a noi in precedenza sconosciuti porta immancabilmente con sé. Continue reading “Semafori a Milano”

Appunti di viaggio a Milano – agosto 2011

I ragazzini cinesi, sudamericani e africani con le loro mamme fuori dalla mia vecchia scuola elementare, che parlano nella loro lingua con la mamma ma in italiano con forte accento milanese tra di loro. Sono il futuro dell’Italia e mi piacciono infinitamente di piu’ di tutte le altre cose piu’ “italiane” da sempre.

L’asfalto grigio, butterato e pieno di rughe e giunture, come si vede solo in Italia. Emette calore nella giornata gia’ umida e bollente, ti sfianca quando cammini e limita l’effetto della frescura serale, mantenendo il clima intollerabile a qualsiasi ora del giorno e della notte. Quando piove si formano pozzanghere enormi e insidiose, che ristagnano anche giorni dopo l’ultima pioggia e che accentuano l’effetto “fine del mondo” e la generale impraticabilita’ per i pedoni di strade e attraversamenti milanesi. Continue reading “Appunti di viaggio a Milano – agosto 2011”

Chi ha vinto davvero

Ci stavo pensando anch’io, ieri, guardando le facce e i leader di questa vittoria. Sembra la Milano di 40 anni fa, ed e’ proprio quello che cerco di far capire ai miei figli, che a Milano non hanno neanche vissuto e che mi guardano stralunati (come tutti i figli del mondo) quando gli dico “noi eravamo diversi”. Ma Sofri l’ha detto meglio, e prima, come al solito. Continue reading “Chi ha vinto davvero”